senza mandato

Appunti di Gianni Valente

Diplomatici di Dio/1 – La “diplomazia della Chiesa” che conviene anche al mondo

All’inizio dell’anno, come accade ogni anno, il Papa ha ricevuto in Vaticano gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede e ha detto la sua sullo stato del mondo. Lo ha fatto la mattina di lunedì 10 gennaio, nell’Aula della Benedizione del Palazzo apostolico.

La routine dell’udienza annuale concessa dal Papa ai rappresentanti degli Stati accreditati può far perdere di vista la singolare anomalia che in essa trova espressione: il “miracolo storico” di una comunità di fede che viene riconosciuta e legittimata dalle nazioni e dai governi del mondo come un soggetto sovrano, accreditato a intervenire diplomaticamente sugli scenari internazionali. A volte, anche i commenti all’evento non aiutano a cogliere tratti e risvolti di tale anomalia, appiattendo l’evento a occasione per stilare la lista di pareri papali riguardo alle “emergenze” del momento (magari condita con qualche luogo comune che mitizzi la diplomazia papale o la liquidi come un reperto pittoresco dell’Ancien Régime).

Quest’anno, a dire il vero, un libro da poco pubblicato in inglese si offre come strumento formidabile per cogliere e documentare tutti i fattori – storici e genetici – che concorrono a determinare la singolarità della rete diplomatica del Papa e alimentano il suo imparagonabile modus operandi nella scena del mondo. Si intitola God’s Diplomats, e lo ha scritto Victor Gaetan, giornalista e scrittore, corrispondente internazionale di lungo corso del National Catholic Register, collaboratore delle riviste Foreign Affairs e America.

Il testo, pubblicato dalla casa editrice statunitense Rowman & Littlefield e corredato di un sottotitolo carico di suggestioni (Pope Francis, Vatican Diplomacy, and America’s Armageddon), si muove in orizzonti larghi, e ragiona sui tempi lunghi, quelli non contemplati dalla dittatura degli istant-book. Proprio per questo rappresenta una vera e propria miniera di spunti e dati utili a illuminare anche il presente della Chiesa.

Il Papa che fallisce

Papa Francesco ha compiuto 85 anni. E la cifra importante dell’età da lui raggiunta rilancia il gioco tristo, in realtà già iniziato da tempo, dei “bilanci” del suo pontificato.

Chi gioca a questo gioco, spesso, trucca le carte. Lo favorisce lo spappolamento e la continua erosione della memoria collettiva – sui tempi lunghi e ormai anche su quelli brevi – che è uno degli effetti del flusso di comunicazione digitale no-stop in cui viviamo immersi.

Papa Bergoglio ha fatto firmare l’accordo con la Cina sulle nomine dei vescovi cinesi. Ha proclamato Santo il Vescovo martire Oscar Arnulfo Romero, la cui causa di canonizzazione era stata bloccata sine die per i sabotaggi di matrice politica messi in atto da alcuni cardinali. Lui ha attestato ogni giorno nel suo magistero la predilezione di Cristo per i poveri, che in contesti legati a precedenti stagioni ecclesiali era stata parzialmente occultata per ragioni anch’esse politiche.

Papa Bergoglio ha trovato nelle parole della fratellanza un lessico di comprensione e convivenza con i figli dell’islam, in una fase storica in cui tutto cospirava a ammantare di linguaggi religiosi le strategie di annientamento militare dei nemici.

Con le omelie di Santa Marta, col Giubileo della Misericordia e con tanti altri gesti, il Papa regnante ha ridetto al mondo che il confessionale è un luogo di liberazione e non di tortura psicologica, e i sacramenti sono i gesti con cui il Signore dona la sua grazia «libera, bastevole, necessaria per noi» (Paolo VI).

Basterebbero solo alcune tra le innumerevoli cose dette e fatte da Papa Francesco, per ringraziare il Signore di ciò che è già accaduto nel tempo del suo pontificato, anche in prospettiva storica.

Eppure, se si guarda a fatti e dinamiche ecclesiali registrate in tempo reale dalla cronaca mediatica, si deve riconoscere per forza di cose che sì, il Papa ha fallito.

La canonizzazione di Charles de Foucauld e le “Chiese della Visitazione”

Costantina (Algeria) – Charles de Foucauld sarà proclamato santo a Roma il prossimo 15 maggio. Ma nelle terre in cui fratel Charles di Gesù ha dato la propria vita e ha per anni elevato e adorato nel deserto l’ostia consacrata, la sua santità già accompagna e irriga giorno dopo giorno, per vie misteriose e silenziose, il vissuto e il cammino delle multiformi comunità cristiane disseminate nel Maghreb.
In Algeria, il Paese dove Foucauld visse buona parte della sua imparagonabile avventura spirituale e dove fu ucciso il 1° dicembre 1916, vescovi e esponenti delle diverse comunità ecclesiali presenti nel Paese hanno cominciato a confrontarsi sul modo di scandire localmente il cammino verso la cerimonia di canonizzazione. «Un programma è in via di sviluppo», confida all’Agenzia Fides Nicolas Lhernould, 46 anni, del dicembre 2019 Vescovo di Costantina. C’è già pronto un libretto in francese e arabo con la vita e gli spunti principali della spiritualità del futuro santo, e anche una mostra itinerante realizzata nel 2016, in occasione del centenario della sua morte, ora in esposizione nella basilica Notre Dame d’Afrique a Algeri, che sarà utilizzata di nuovo per far conoscere la sua storia e la sua spiritualità. Si sta valutando anche la possibilità di pellegrinaggi locali delle nostre comunità sui luoghi dove fratel Charles ha vissuto. Saranno pellegrinaggi “familiari” di piccoli gruppi, non pellegrinaggi moltitudinari. In sintonia con il tratto di discrezione e di piccolezza che connota la nostra esperienza ecclesiale».
L’annunciata canonizzazione di Charles de Foucauld – fa notare il Vescovo Lhernoud – «si inserisce in una serie di avvenimenti e ricorrenze che toccano il nostro presente e la nostra memoria ecclesiale. Stiamo ancora commemorando i 25 anni della scomparsa del cardinale Léon-Étienne Duval, che fu Arcivescovo di Algeri dal 1954 al 1988 e guidò la Chiesa algerina negli anni cruciali della decolonizzazione e dell’indipendenza. Per noi è carico di suggestione anche il recente riconoscimento delle virtù eroiche di Magdeleine di Gesù, che nel 1939 fondò le Piccole Sorelle di Gesù a Touggourt, nel Sahara algerino, sui passi di Charles de Foucauld. E poi c’è l’attualità dei martiri e dei santi di queste terre, da Sant’Agostino fino a Pierre Claverie, Vescovo di Orano ucciso nel 1996, e i suoi 18 compagni, tra i quali i 7 monaci di Tibhirine, beatificati nel 2018 sulla ‘spianata della convivenza’ del santuario di Santa Cruz a Orano».
Per i cattolici in Algeria, il cammino verso la canonizzazione di Charles de Foucauld e le altre congiunture richiamate dal Vescovo Nicolas rappresentano soprattutto occasioni preziose per riscoprire la propria vocazione a essere “Chiesa di Nazareth, della relazione e dell’incontro”, riassaporando la propria gratuita familiarità con i trent’anni di “vita nascosta” vissuti da Gesù prima di iniziare la sua missione pubblica. «La situazione in cui viviamo» spiega il Vescovo di Costantina – rende sempre più chiaro che siamo chiamati non a “fare” noi, ma a lasciarci ospitare. Siamo qui prima di tutto per essere accolti. E Gesù nel Vangelo secondo Matteo dice: “Chi accoglie voi, accoglie me”». Per questo uno dei racconti evangelici a cui si guarda con più commozione è quello della Visitazione, con la Madonna che va con prontezza a visitare Elisabetta.

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