All’inizio dell’anno, come accade ogni anno, il Papa ha ricevuto in Vaticano gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede e ha detto la sua sullo stato del mondo. Lo ha fatto la mattina di lunedì 10 gennaio, nell’Aula della Benedizione del Palazzo apostolico.
La routine dell’udienza annuale concessa dal Papa ai rappresentanti degli Stati accreditati può far perdere di vista la singolare anomalia che in essa trova espressione: il “miracolo storico” di una comunità di fede che viene riconosciuta e legittimata dalle nazioni e dai governi del mondo come un soggetto sovrano, accreditato a intervenire diplomaticamente sugli scenari internazionali. A volte, anche i commenti all’evento non aiutano a cogliere tratti e risvolti di tale anomalia, appiattendo l’evento a occasione per stilare la lista di pareri papali riguardo alle “emergenze” del momento (magari condita con qualche luogo comune che mitizzi la diplomazia papale o la liquidi come un reperto pittoresco dell’Ancien Régime).
Quest’anno, a dire il vero, un libro da poco pubblicato in inglese si offre come strumento formidabile per cogliere e documentare tutti i fattori – storici e genetici – che concorrono a determinare la singolarità della rete diplomatica del Papa e alimentano il suo imparagonabile modus operandi nella scena del mondo. Si intitola God’s Diplomats, e lo ha scritto Victor Gaetan, giornalista e scrittore, corrispondente internazionale di lungo corso del National Catholic Register, collaboratore delle riviste Foreign Affairs e America.
Il testo, pubblicato dalla casa editrice statunitense Rowman & Littlefield e corredato di un sottotitolo carico di suggestioni (Pope Francis, Vatican Diplomacy, and America’s Armageddon), si muove in orizzonti larghi, e ragiona sui tempi lunghi, quelli non contemplati dalla dittatura degli istant-book. Proprio per questo rappresenta una vera e propria miniera di spunti e dati utili a illuminare anche il presente della Chiesa.