“Non siamo cristiani perché dobbiamo, ma perché è bello”. Si può seguire Gesù solo per lo stupore di un incontro con “persone e volti” cambiati dalla sua grazia, e non per l’adesione forzosa a un ideale etico-religioso. Con queste parole, e con altre espressioni semplici e efficaci, Papa Francesco è tornato suggerire a tutti le dinamiche proprie e elementari con cui anche oggi, come ai tempi dei primi Apostoli, si può diventare e rimanere cristiani. Lo ha fatto la mattina di lunedì 6 dicembre, incontrando i giovani del piccolo e variegato gregge della comunità cattolica presente in Grecia, nell’ultimo appuntamento della sua visita apostolica nella Repubblica ellenica. L’incontro, ospitato nella palestra della scuola San Dionigi delle Suore Orsoline a Maroussi, nell’area metropolitana di Atene, si è sviluppato a partire dalle testimonianze di tre giovani: una ragazza di origine filippina, una giovane della diocesi cattolica di Tinos e un giovane profugo siriano giunto in Grecia con la famiglia per fuggire dalla guerra. Prendendo spunti dai loro racconti, il Vescovo di Roma ha riproposto criteri e spunti fecondi per orientare ogni iniziativa apostolica e missionaria rivolta in particolare ai ragazzi e alle ragazze di oggi.
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(Baghdad) – “Vorrei manifestare a ciascuno di voi la mia vicinanza e comprensione per le difficoltà e le emergenze che vi trovate ad affrontare, ma anche dirvi che non c’è motivo di disperare. Il Signore ci chiama ad essere una Chiesa viva e forte, una Chiesa che porta la sua parola, il suo amore e la sua salvezza”. Con queste parole di conforto, il Cardinale e Patriarca iracheno Louis Raphael Sako ha iniziato il “discorso di benvenuto” rivolto ai più di 450 ragazzi e ragazze giunti a Baghdad da tutto l’Iraq per partecipare al primo Incontro della gioventù caldea, che ha preso il via giovedì 18 novembre presso la Cattedrale caldea di San Giuseppe. Un raduno giovanile – ha rimarcato il Patriarca – convocato come occasione per rinnovare il proprio incontro personale con Cristo, e che si aveva intenzione di organizzare da tempo, ma che era stato reso finora irrealizzabile per le tormentate vicende attraversate del Paese, per la mancanza di sicurezza negli spostamenti e poi per la pandemia da Covid-19.
(Dohuk) – Nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno prosegue senza interruzioni la raccolta di documenti e denunce sugli espropri illegali di beni immobili – case e terreni – subiti negli ultimi lustri da proprietari cristiani. Comitati locali hanno avviato le procedure per realizzare una mappatura dettagliata delle proprietà espropriate illegalmente e acquisire informazioni relative ai titoli di possesso dei legittimi proprietari e alle circostanze concrete in cui sono avvenuti gli espropri illegali.
Mercoledì 17 novembre Reber Ahmed, Ministro dell’interno nel governo della Regione autonoma, ha dato conto in una conferenza stampa dei riscontri avuti durante la visita da lui compiuta nel governatorato di Dohuk, per verificare sul campo le procedure di raccolta dati avviate dalla Commissione istituita ad hoc lo scorso aprile, su input del governo regionale, con l’intento di contrastare il fenomeno degli accaparramenti abusivi di beni immobiliari appartenenti per lo più a membri di comunità etniche e di fede minoritarie, a partire dai cristiani (vedi Fides 14/4/2021).
Il Ministro ha confermato ai media di aver avuto ragguagli incoraggianti sull’acquisizione di denunce e materiali acquisiti in questa fase istruttoria dai comitati costituiti in loco, e negli incontri avuti con i rappresentanti delle amministrazioni locali – compresi quelli del governatorato di Dohuk e della città di Zakho – ha confermato la risoluta intenzione del governo regionale di procedere a un integrale ripristino per via legale dei diritti di proprietà violati negli ultimi lustri a danno di cittadini cristiani e appartenenti ad altri gruppi minoritari. Il materiale raccolto dai comitati locali sarà sottoposto all’attenzione della Commissione governativa competente, che dovrà poi definire le procedure concrete per restituire ai legittimi proprietari terreni e case espropriati illegalmente, sia prima che dopo la caduta del regime di Saddam Hussein.